Teschio

Teschi e danze della morte dal Tibet alla Valtellina

La pubblicazione, edita nel 2016 dal Museo Antropologico Tiranese, raccoglie alcuni momenti tra i più significativi della produzione dell’artista risemantizzati alla luce di nuovi interessi e ricerche. Nasce in realtà da un’indagine sulle remote origini del suo casato che lo porta in Engadina con i von Tarasp, in Val Venosta con i Mätch ed infine in Valtellina: itinerario personalissimo tra le vestigia di antichi manieri e simboli araldici. Nel suo percorso a ritroso, dalla Valtellina al Tibet, l’autore annoda istanze archetipali e motivazioni artistiche in una rivelativa corrispondenza di temi e di immagini.

 

Il teschio nell’opera di Paolo Tessari Venosta

Nel 1971, espone il primo ciclo di Teschi, eseguiti nei primi anni sessanta, alla “VI Rassegna Internazionale di Pittura Massa e Cozzile (Pistoia)”, analoghe figurazioni di pari contornate da fiori e da voli di farfalle. Nel 1972 alla mostra “Prospettive 5”, curata da Enrico Crispolti alla galleria Il Grifo di Roma, i grandi Quadrifogli sagomati su legno con i petali a forma di teschi presentati poi alla Biennale veneziana del 1986. Scrive a proposito Toni Toniato: «I Teschi realizzati da Tessari Venosta, a riprova di una simbologia mai abbandonata dall’artista, anticipano in maniero davvero sorprendente i motivi e le figurazioni, assai più tarde, di John Le Kay e di Damien Hirst». Sul tema del teschio così frequente nelle sue opere tornano dunque memorie familiari strettamente legate alla Valtellina, un mondo oscuro e arcano, in un intreccio di misteriose fascinazioni culturali rimandanti le loro lontane radici nel più remoto oriente.

Il teschio diventa addirittura oggetto di “collezione” nell’ossario di Poschiavo, situato nell’omonima valle — già a suo tempo feudo dei Venosta — divenuto una sorta di vera e propria Wunderkammern la quale non a caso influenzerà l’immaginazione artistica di un loro discendente, il Venosta Tessari.